Gv 11,38

« Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente*, si recò al sepolcro; era una grotta e contro di essa era posta una pietra.»

Dopo che i Giudei hanno criticato Gesù, perché Lui non ha fatto nulla per evitare che l'amico Lazzaro morisse (cfr. Gv 11,37), Lui "si recò al sepolcro".
L'evangelista descrive il suo stato d'animo con il termine greco embrimōmenos, in riferimento al quale vanno ripetute le osservazioni già espresse in precedenza (vedi la lettura di Gv 11,33).
Anche in questo caso, infatti, rispetto all'espressione commosso profondamente adottata da questa edizione biblica (e da molte altre), va preferita una traduzione diversa, che è possibile rendere con il termine “fremendo”, o simili.
Questo moto interiore di Gesù... da intendere come un adirarsi... va qui compreso nel senso che la morte dell'amico che Lui sta per resuscitare, Lo pone di fronte al difficile passaggio che a sua volta dovrà affrontare:
Infatti anch'Egli sta per trovarsi di fronte alla propria morte (cfr. Gv 18,11) quale volontaria accettazione del Piano divino, nel quale il Figlio dell'uomo deve essere “innalzato” (cfr. Gv 3,14; Gv 10,18).
Anche se ciò accadrà nella prospettiva vittoriosa della resurrezione... per il “vero uomo” Gesù non è certo un passo indolore quello di acconsentire alla prova che Lo attende.

Segue: Gv 11,39