Gv 6,28

« Gli dissero allora: "Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?".»

I Galilei che Gesù ha invitato a non accontentarsi del pane “deperibile” che hanno ricevuto in abbondanza, ma a "darsi da fare" per il “cibo che rimane per la vita eterna" (cfr. Gv 6,27) donato dal Figlio dell'uomo... Gli pongono adesso una domanda rivelatrice del fatto che hanno evidentemente frainteso le parole appena ascoltate.
Gesù infatti ha detto loro “datevi da fare” (Gv scrive in greco “ergazesthe”) per il cibo duraturo... e loro hanno capito di dover compiere delle “opere” (Gv scrive "ergazōmetha") conformemente alla volontà di Dio (cfr. Gv 3,21).
D'altronde, per la loro mentalità giudaica il concetto del “nutrimento duraturo” richiama l'idea della Legge divina che... anche in funzione di una lettura metaforica della “manna” (cfr. Gv 6,31) discesa dal cielo durante la peregrinazione degli Ebrei nel deserto... è intesa come il “Pane” della Parola di Dio che vivifica coloro che La praticano.
Per esempio, nel Deuteronomio si legge che il Signore “ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna... per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8,3).
E' dunque in un senso legato all'osservanza della Legge mosaica, che si può comprendere la domanda qui rivolta a Gesù che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?... ovvero, detto in altri termini... “quali sono le opere gradite a Dio che dobbiamo compiere, per conquistarci il nutrimento di questo cibo durevole?”.

Segue: Gv 6,29