Gv 14,23

« Gli rispose Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.»

Evitando di rispondere direttamente alla domanda che il discepolo gli ha appena fatto, Gesù ribadisce la promessa già annunciata (Cfr. Gv 14,21) poc'anzi: il credente che Lo ama, e pertanto osserverà la sua parola, sarà amato dal Padre.
Poi il Maestro va ancora oltre, e aggiunge: “e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”*.
Gesù si riferisce qui alla presenza Sua e del Padre nell'interiorità di quel fedele che, osservando il comandamento della carità e del vicendevole amore fraterno (Cfr. Gv 13,34), si “immerge” nella comunione di vita* e d'amore con Dio.

Segue: Gv 14,24

* Vedi nel Glossario le voci:
"Inabitazione"
"Vita"

Cristo nell'uomo

Queste parole di Gesù “prenderemo dimora presso di lui”, evocano la tradizionale idea di Tempio con il relativo contesto dell'attesa escatologica annunciata dai profeti.
Fin dagli albori della tradizione di Israele, il Tempio era la figura annunciatrice della dimora di Dio presso il Suo popolo, che si sarebbe realizzata un giorno “Farò con loro un'alleanza di pace; sarà un'alleanza eterna con loro. Li stabilirò e li moltiplicherò e porrò il mio santuario in mezzo a loro per sempre” (Ez 37,26)... e ancora “io vengo ad abitare in mezzo a te” (Za 2,14).
Nel messaggio teologico del Quarto Vangelo questa realtà si è concretizzata nel Logos che si è fatto carne, che difatti Giovanni ha già presentato in precedenza come il Tempio escatologico nel Suo corpo risuscitato (Cfr. Gv 2,21).
Nei versetti in cui ci troviamo... l'evangelista inverte il movimento dei discepoli condotti da Gesù verso il Padre (Gv 14,2-3). Adesso è infatti il Padre che viene dal credente... il quale, mediante la sua unità con il Figlio, può diventare dimora di Dio.
La ricerca del Padre, che sin dall'inizio è stato il tema essenziale di questo discorso di addio (Gv 13,33)... è colmata dal Padre stesso, che si “fonde” con il credente dilatandone la capacità d’amore.
Questo “ricongiungimento” del fedele con il Padre non si realizza dunque in un futuro aldilà, bensì nella risposta che lo stesso Padre dà al comportamento tenuto da quanti, durante la loro vita terrena, danno adesione a Gesù**.
La presenza divina è una presenza che “abita” personalmente ogni discepolo il quale... amando il Cristo e obbedendo ai suoi "comandamenti"... diventerà più cosciente di questa intima presenza del Signore, Il quale ha detto: “io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Cfr. Gv 14,21).
Il radicale cambiamento rispetto alla tradizionale prospettiva giudaica, può essere messo in evidenza osservando come, durante l'Esodo, Dio aveva posto la sua dimora nella “tenda del convegno”, che veniva posta fuori dall'accampamento, e nella quale “si recava chiunque volesse consultare il Signore” (Cfr. Es 33:7-10) … mentre con la successiva costruzione del Tempio di Gerusalemme, l'accesso alla dimora di Dio era ristretto a coloro che rispettavano le condizioni cultuali e di purità stabilite dalla casta sacerdotale.
Ora... con l'incarnazione del Verbo in Gesù... Dio “ha posto la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14), ed ogni discepolo che accoglie Cristo diventa la sua dimora divina.
Accogliendo in sé la presenza di “Cristo nell'uomo”, il credente diventa la dimora di Dio dalla quale si irradiano amore, misericordia e compassione.

** Vedi nel Glossario la voce "Escatologia attuale"

Segue: Gv 14,24