Gv 14,21

« Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".»

Come già abbiamo visto durante la lettura di Gv 14,15, l’espressione “i miei comandamenti” va qui riferita al solo comandamento dato da Gesù, vale a dire il “comandamento nuovo” (Gc 13,34), la cui “declinazione” al plurale va intesa come l’insieme di manifestazioni che l'amore fraterno e la carità nei confronti del prossimo possono assumere nell’esperienza esistenziale dei credenti... quali attuazioni concrete del divino insegnamento del Maestro.
Chi accoglie questo suo “comandamento dell’amore”, e poi lo osserva praticandolo nella propria vita, dimostra di essere – dice Gesù - “colui che mi ama”.
Poiché in precedenza (Cfr. Gv 3,16) già abbiamo visto che l’iniziativa di amare appartiene sin dall’alba dei tempi al Padre, che ha inviato sulla terra il Figlio per la salvezza dell’umanità, potrebbe apparire contraddittorio il fatto che qui Gesù aggiunga: Chi ama me sarà amato dal Padre mio.
In realtà, questa ulteriore “risposta d’amore” del Padre va intesa in relazione alla possibilità del credente di accedere alla sua “dimora” (Cfr. Gv 14,3-6). Questo traguardo è raggiunto da quanti... amando Gesù, ovvero accogliendo con fede la sua Parola e “traducendola” poi in vita vissuta… vengono amati dal Padre, che così li accoglie in Sé, cioè nella sua “dimora” eterna.
Al credente che Lo ama, Gesù promette inoltre: “anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”… vale a dire che Lui gli farà sentire interiormente la forza della sua presenza, svelandogli ulteriormente la sua Realtà divina.

Segue: Gv 14,22


P.S. - A differenza di Mosè, il “servo di Dio” (Ap 15,3) che si era rivolto al popolo d'Israele dicendo “Voi servirete Yahvé” (Es 23,25)... e dunque proponendo un rapporto con Dio sulla falsariga di quello tra dei servi e il loro padrone... Gesù, “Figlio di Dio”,  propone la relazione tra dei figli e il loro Padre, e i suoi comandamenti non vanno dunque “obbediti”... bensì “accolti” quali comunicazioni d'amore provenienti dalla Sorgente divina.
Amare Gesù significa pertanto disporsi a ricevere questo flusso d'amore divino, non per trattenerlo per sé, ma per veicolarlo al prossimo... e chi lo fa, si pone in quella condizione che fa dire al Cristo: mi manifesterò a lui.
In questo modo è annullata la distanza che la vecchia tradizione religiosa poneva tra il Signore e gli esseri umani, i quali sono invitati da Gesù ad auto-comprendersi come figli del Padre... collaboratori al progetto di Dio sull'umanità,  sempre più somiglianti a Lui attraverso la pratica dell'amore divino.