Gv 11,51-52

« Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione
e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.»


Interpretando questo episodio in chiave simbolica e teologica, Gv sottolinea come Caifa pronunci delle parole profetiche, che superano le sue intenzioni
Indipendentemente dal suo cinico realismo politico... in lui è infatti attivo il carisma legato alla sua carica religiosa di sommo Sacerdote...  in virtù del quale lui preannunzia, senza esserne consapevole, il valore salvifico della morte di Gesù per la “vita del mondo” (cfr. Gv 6,33.51c).
Nel suo commento, Gv aggiunge poi una lettura che oltrepassa la prospettiva giudaica... e dice che la morte di Gesù doveva avvenire non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.
L'evangelista non si riferisce qui all'idea già presente nell'Ebraismo, secondo la quale anche i popoli pagani alla fine sarebbero stati accolti in Israele, popolo di Dio.
Lui richiama invece il principio affermato nel Prologo (cfr. Gv 1,12) secondo il quale, grazie a Gesù, viene costituito un nuovo popolo di Dio formato dai giudei e dai pagani.
I figli di Dio dispersi nel mondo sono dunque le altre “pecore” (Gv 10,16) non provenienti da Israele, le quali saranno attratte da Cristo mediante la sua morte in croce (Cfr. Gv 12,32).

Segue: Gv 11,53-54