Gv 1,27

« colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo".»

Queste parole del Battista hanno il loro “retroterra” nella tradizione dei profeti ebraici, per i quali era usuale esprimere l'alleanza tra Dio ed il Suo popolo attraverso l'immagine dell'unione nuziale (Is 54; 62; Ger 2; Ez 16; Os 2,4ss)... in una simbologia che vedremo tra breve ripresentarsi anche in occasione dell'episodio di Cana (Gv 2,1s).
In questa prospettiva “matrimoniale” è possibile comprendere le parole del Battista "io non sono degno di slegare il laccio del sandalo" come un riferimento alla tradizione ebraica (Dt 25,5-10; Rt 4,7-9, Mt 22,24) secondo la quale il “cognato” (in ebraico “yābhām”) aveva il diritto-dovere di dare una discendenza alla vedova del fratello che non aveva avuto figli (questa usanza è nota come “legge del levirato”, dal latino “levir” che significa “cognato”).
Per esempio, riguardo ad un uomo che non vuole assolvere questo compito con la cognata, nel Libro del Deuteronomio si può leggere questo brano: « Allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e proclamerà: “così si fa all'uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello » (Deut.25,9).
Leggendo le parole del Battista alla luce di questa tradizione, è allora possibile estrarvi questo messaggio:
A Giovanni compete soltanto un ruolo di preparazione verso "colui che viene dopo di me", il quale è lo “sposo” che avrà il compito di “fecondare” la “vedova” Israele.
Infatti il Battista dice che... a questa figura che viene... lui non è degno di slegare il laccio del sandalo, nel senso che lui si dichiara indegno di sostituirlo nella sua funzione.
Dunque, poiché quello di Giovanni è unicamente un ruolo di testimonianza in preparazione alla venuta del Messia...  la sua missione volge ormai al termine.

Segue: Gv 1,28