Gv 19,29

« Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna* e gliela accostarono alla bocca.»

In risposta alla richiesta di Gesù, i soldati gli porgono una spugna, imbevuta di aceto e così diventano gli strumenti attraverso i quali si realizza la Scrittura (Cfr. Gv 69,22).
Trattandosi di una bevanda dal sapore aspro, l'aceto simboleggia qui la sofferenza della morte, che Gesù liberamente accetta per dare compimento ai piani del Padre per la salvezza dell'umanità.

Segue: Gv 19,30
  

* P.S. - In questa traduzione biblica compare l'espressione “una canna”, ma in realtà l'evangelista ha scritto che la spugna, imbevuta di aceto è stata porta a Gesù su un ramo di hyssōpō*, ovvero su un arbusto che in natura non ha le dimensioni e la rigidità sufficienti per permettere questo tipo di gesto.
Da ciò si evince la volontà di Gv di dare un messaggio simbolico, legato al fatto che la pianta d'issopo era usata nei riti di aspersione/purificazione (cfr. Lv 14,4.6; Nm 19,18; Sal 51,9)... ma non solo.
Uno dei fondamentali concetti teologici di questo Vangelo, ovvero l'identificazione di Gesù quale “agnello di Dio”, suggerisce anche un collegamento di questo versetto con la pagina del Libro dell'Esodo nella quale Mosè dà indicazione agli anziani di Israele di prendere un “fascio di issòpo” (Es 12,22) e di utilizzarlo per segnare l'architrave e gli stipiti delle porte delle loro case con il sangue dell'agnello sacrificato la notte della storica liberazione dalla schiavitù d'Egitto:
Gesù sta infatti per morire come “l'Agnello pasquale” che sancisce la “Nuova Alleanza” segnata dal sangue (Gv 19,34) che uscirà dal Suo costato.
In questa prospettiva, la croce è il segno del “nuovo esodo”, mediante il quale Cristo libera gli esseri umani da tutto ciò che impedisce loro di tornare ad essere “uno” con Lui e con il Padre (Cfr. Gv 17,22).

Segue: Gv 19,30