Gv 16,26-27

« In quel giorno chiederete nel mio nome e  non vi dico che pregherò il Padre per voi:
il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.»


Gesù torna qui sul tema del “chiedere nel suo nome”, di cui in precedenza aveva parlato ai discepoli promettendo che le richieste da loro presentate “nel suo nome” al Padre, sarebbero state certamente esaudite (Cfr. Gv 16,23).
Adesso Gesù torna sull'argomento per dire agli stessi discepoli: “non vi dico che pregherò il Padre per voi”... ed in questo modo pone in evidenza il fatto che loro avranno la possibilità di rivolgersi direttamente allo stesso Padre.
Ciò non va inteso nel senso che verrà meno la funzione di Gesù quale mediatore (Cfr. Gv 14,6), anzi:
Questa mediazione raggiungerà la sua piena efficacia nel momento in cui i suoi discepoli... grazie al fatto che avranno realizzato la piena comunione con Lui mediante la fede...  “nel suo nome” potranno chiedere al Padre senza più aver bisogno della formale intercessione del Figlio.
In quel giorno il Padre, che li ama, risponderà alle loro richieste proprio perché – dice Gesù – “voi avete amato me”, ovvero perché loro avranno precedentemente saputo raggiungere l'unità con il Figlio, avendo creduto che Lui è uscito da Dio.
Il Cristo continuerà dunque la sua mediazione dimorando nell'interiorità di coloro che avranno saputo essere pienamente suoi discepoli.

Segue: Gv 16,28

P.S. - Parlando del venir meno della necessità di una sua intercessione con il Padre, qui Gesù non si riferisce ai credenti in generale, bensì a coloro che sapranno realizzare la pienezza della comunione con Lui...  come hanno fatto i discepoli.
Rivolgendosi a loro, Gesù sta dunque dicendo qual è il punto di arrivo del cammino di fede in Lui... che si realizza con il compimento di quella reciproca immanenza tra il credente e Cristo che i teologi hanno denominato “inabitazione”.

Vedi nel Glossario la voce "Inabitazione"