Gv 4,17-18

« Gli risponde la donna: "Io non ho marito". Le dice Gesù: "Hai detto bene: "Io non ho marito";
infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".»


Non appena la Samaritana Gli risponde io non ho marito, Gesù le dimostra di esserne già a conoscenza precisando quello che hai ora non è tuo marito, e parlandole anche dei suoi trascorsi coniugali con ben cinque mariti.
Tutto ciò rendeva l'esistenza di quella donna “disonorevole” secondo i parametri morali del Giudaismo, che consentiva alle donne che rimanevano vedove di risposarsi al massimo per due volte.
Però, come stiamo per vedere, l'intento di Gesù non è tanto quello di rimproverare la donna per questo suo comportamento moralmente “fuori dalle righe”, quanto invece di portare in lei un cambiamento interiore provocato dalla fede in Lui.

Segue: Gv 4,19-20


"Io non ho marito"
In generale tutti e quattro gli evangelisti presentano un Gesù molto tollerante dal punto di vista morale:
Per esempio, nel prosieguo di questo Vangelo Lo vedremo dire “Neppure io ti condanno"  all'adultera colta in flagrante (Gv.8,2-11)... ed anche alla prostituta dell'episodio narrato da Luca, Gesù dice "Ti sono perdonati i tuoi peccati", senza neanche fare cenno alla necessità che lei cambi mestiere (Lc 7,36-50).
Invece, nel colloquio con la Samaritana Gesù sembra distanziarsi da questo Suo comportamento generalmente tollerante... perché le Sue parole ad un certo punto sembrano prendere la piega di una “investigazione morale” nella vita privata della donna.
In realtà... questa prospettiva morale passa decisamente in secondo piano rispetto al significato che l'episodio comunica nella sua prospettiva simbolica, che può essere colta iniziando col ricordare quanto abbiamo già visto in precedenza (per es. cfr. Gv 2,1-11), e cioè che quando l'evangelista tace il nome dei personaggi di cui parla, significa che essi hanno un ruolo rappresentativo.
E' questo anche il caso della donna che, nel brano in cui ci troviamo, rappresenta la Samaria... per cui la sua storia personale raffigura, simbolicamente, la storia religiosa del suo popolo.
Per comprendere questo significato si può partire dall'osservare come a quel tempo il Dio dei Cananei si chiamasse “Baal”, un vocabolo che era peraltro diventato di uso comune per designare tutti i falsi dèi.
Tenendo poi conto come nelle lingue semitiche la parola ba'al significhi anche “marito”...  ecco che i cinque mariti di questa donna rappresentano i cinque monti (2 Re 17,24-41) sui quali venivano adorate le divinità introdotte nella terra di Samaria dalle popolazioni non ebraiche... immigrate in seguito alla conquista assira del 721 a.C..
Non a caso... cinque è anche il numero di volte in cui il termine marito compare in questi versetti (cfr. Gv 4,16-18)  che... dando uno sguardo alla tradizione profetica... richiamano anche il testo con il quale Osea annunciava la futura conversione della Samaria: « E avverrà, in quel giorno – oracolo del Signore – mi chiamerai: “Marito mio”, e non mi chiamerai più “Baal, mio padrone” » (Os 2,18)
Considerando poi come, nella stessa tradizione profetica, l'immagine dell' “adulterio” venisse usata per rappresentare l'infedeltà a Dio inteso quale ”marito”... la frase di Gesù “va' a chiamare tuo marito” può essere letta simbolicamente come una Sua domanda volta a far ammettere alla donna “Io non ho marito”... nel senso che il popolo di Samaria aveva abbandonato l'antica fede nel Dio dell'Alleanza.
Ecco allora che l'episodio, letto dal punto di vista del suo significato simbolico, denuncia non tanto l'infedeltà della donna, bensì quella della Samarìa, il cui “adulterio” consisteva nell'aver tradito il rapporto con l'unico Dio, “contaminandolo” con l'adorazione degli altri cinque dèi introdotti dalle popolazioni straniere.

Segue: Gv 4,19-20