Gv 7,18

« Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia.»

Continuando a rispondere all'obiezione che i Giudei Gli hanno rivolto... ovvero di insegnare nel tempio “senza avere studiato” (Gv 7,15) le Scritture... Gesù sottolinea adesso un ulteriore aspetto che permette di riconoscere come il Suo insegnamento provenga dal Padre.
Lui fa infatti riferimento ad un principio che anche i suoi interlocutori conoscono, e che è valido per qualsiasi inviato di Dio:
Lui non cerca la propria gloria... bensì la gloria di Colui che lo ha mandato.
E' questo il criterio grazie al quale coloro che Lo ascoltano dovrebbero rendersi conto che Lui è veritiero... e pertanto si differenzia da chi, ai fini di consolidare il potere terreno, “sacrifica” invece la vitalità spirituale della Parola divina “soffocandola” in un complicato sistema di interpretazioni e precetti... usati per glorificare “se stessi” e per alimentare la propria autorità sul popolo.
Questa denuncia di Gesù... che oltretutto fa riecheggiare un brano del suo discorso rivolto ai Giudei dopo la guarigione dell'infermo alla piscina di Betzatà (cfr. Gv 5,41-44)... va a colpire la “vanagloria”, cioè quella gloria ardentemente desiderata dall'orgoglio umano, che è legata al potere mondano ed è dunque spiritualmente nociva, perché allontana dalla verità di Dio.
Inoltre, l'espressione in lui non c'è ingiustizia (in greco adikia) sta a significare che Gesù non va considerato alla stregua di altri umani “inviati di Dio”, perché in Lui non c'è alcuna iniquità o menzogna, e nessuno può imputarGli il benché minimo peccato (cfr. Gv 8,46).

Segue: Gv 7,19