Gv 6,70-71

« Gesù riprese: "Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!".
Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici.
»

La risposta di Pietro (Gv 6,68-69) non viene presa in considerazione da Gesù, il quale passa a tutt'altro argomento, e dice: Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!
L'annuncio del futuro tradimento è già stato precedentemente accennato dall'evangelista (Gv 6,64), a delineare un ideale collegamento tra  l'allontanamento di alcuni discepoli verificatosi a seguito del discorso di Cafàrnao... e l'analogo allontanamento dei discepoli che si verificherà al momento della Passione di Cristo.
Però, la circostanza che in questo caso sia proprio Gesù a dire "Eppure uno di voi è un diavolo!" ha evidentemente anche un suo specifico significato, legato a questo episodio.
Annunciando di conoscere il traditore, Gesù fa infatti capire che la presenza di un diavolo tra i Dodici non è estranea al superiore disegno divino... ed in questo modo Lui annulla le future ragioni di scandalo dei suoi discepoli i quali altrimenti, successivamente al suo arresto, avrebbero  avuto motivo di chiedersi perché Lui non si fosse accorto dell'oscurità di questo discepolo.
Inoltre, il fatto che Gesù non faccia espressamente il suo nome... visto che è infatti Gv a scrivere "parlava di Giuda"...  costituisce un altro ideale collegamento con i futuri avvenimenti della Passione, perché anche al momento dell'ultima cena (cfr. Gv 13,21) Gesù eviterà di fare espressamente il nome del traditore.

Ebbene... proprio pensando a questa futura e decisiva Pasqua, ci può adesso ritornare in mente anche la frase “Era vicina la Pasqua” (cfr. Gv 6,4) con la quale questo capitolo è iniziato e così, in questa “cornice” pasquale,  ci troviamo a poter fare anche una considerazione conclusiva:
La sezione del Vangelo (Gv 6,1-71) in cui ci troviamo... che per esempio la Bibbia di Gerusalemme (Ed.Dehoniane, 2011) titola “La Pasqua del Pane di Vita”... si conclude con un addensarsi di nubi annunciatrici di quanto sta per accadere:
Gesù sta infatti per iniziare il percorso che dalla Galilea lo porterà a Gerusalemme, dove vivrà la Pasqua della sua morte terrena e... come stiamo per vedere... questo suo percorso sarà avversato dal tradimento e dall'incredulità di molti.

Segue: “Gesù sale a Gerusalemme per la festa e insegna (Gv 7,1-24)”


La risposta di Simon Pietro...

Riguardo al fatto che Gesù non prenda qui in considerazione la risposta di Simon Pietro, il gesuita X.L.Dufour scrive “Gesù, che al di là di Pietro si rivolge ai Dodici, è sorprendente. Invece di congratularsi col discepolo di aver ricevuto la luce dall'alto, come in Mt 16,17, Gesù non si ferma all'adesione espressa, Il suo pensiero, per contrasto, va al rifiuto mortale che riceverà da uno del gruppo” (Lettura dell'Evangelo secondo Giovanni, Editore San Paolo,2007).
La sorpresa di cui parla qui X.L.Dufour, non è rilevata da R.Schnackenburg, il quale scrive invece:
“Simon Pietro appare qui, spontaneamente come nei sinottici, quale portavoce dei Dodici. Quantunque sia superato per fedeltà e fede dal “discepolo che Gesù amava”, durante la passione (19,26) e al sepolcro vuoto (20,8), a Pietro non è negata la paternità della confessione a Gesù in quest'ora storica; indizio della ferma tradizione alla quale si sente obbligato anche il quarto evangelista e importante testimonianza della sua immagine di Pietro”... e poi aggiunge: “Gesù accetta senza riserve la confessione di Pietro; non v'è segno di una proibizione di dirlo ad altri, come nei sinottici (Mc. 8,30 parr.)”  (R.Schnackenburg, Il Vangelo di Giovanni, parte II, Paideia 1987, pag.153.156).
Bypassando la “sorpresa” di Dufour, questa lettura di Schnackenburg rileva l' “indizio” di un "obbligo" sentito dall'evangelista di ammettere l'importanza di Pietro... e dunque vorrebbe creare una conciliazione della figura di Pietro così come emerge dal Vangelo di Gv, con la presentazione che di lui fa la tradizione sinottica.
Questa considerazione non tiene però conto di altri “indizi” che, invece, vanno nella direzione opposta, e sono per esempio rilevati dal biblista Padre Alberto Maggi:
“Gli risponde Simon Pietro” – ricordiamo che questo discepolo si chiama Simone, ha un soprannome negativo, Pietro, che gli evangelisti indicano quando è in opposizione a Gesù. Quando viene presentato con il nome e il soprannome significa che questo discepolo da una parte è d’accordo con Gesù e dall’altra no – “Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. 
Ecco Pietro, Simone ha compreso che le parole di Gesù che si sono fatte carne in lui sono quelle che comunicano la vita capace di superare la morte. 
Il Santo di Dio è un’espressione che indica il Messia della tradizione che è apparso altre volte nei vangeli sempre in un contesto negativo, in Marco e in Luca, in bocca agli spiriti impuri o ai demòni e al Messia dell’aspettativa popolare, cioè quello che avrebbe dovuto restaurare la monarchia, quello che avrebbe dovuto dominare i pagani e soprattutto quello che avrebbe dovuto rispettare e imporre la legge. Questo è il Messia che Pietro desidera e questo sarà il motivo che lo porterà al suo tradimento” (cfr. www.studibiblici.it). (Al riguardo, vedi anche “Sarai chiamato Cefa” in Gv 1,42).

In quest'ultima prospettiva, questo passaggio del quarto Vangelo (Gv 6,67-69) generalmente noto come “La confessione di Pietro”, conferma che la narrazione dell'evangelista Gv riduce l'importanza della figura di questo apostolo rispetto alle narrazioni sinottiche... e, di certo, lo pone in subordine al “dicepolo che Gesù amava”, che conosceremo meglio nella seconda parte di questo Vangelo.

* (Vedi il termine "Discepolo che Gesù amava" nel Glossario )


Segue: “Gesù sale a Gerusalemme per la festa e insegna (Gv 7,1-24)”