Gv 6,63

« È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita.»

Dopo aver posto ai suoi interlocutori una questione di fede, Gesù non attende che Gli rispondano, ma continua il suo discorso con delle parole che fanno tornare in mente anche la fondamentale realtà da Lui rivelata a Nicodemo, quando aveva detto “Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (Gv 3,6).
Adesso... Gesù afferma che È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla, a richiamare il tradizionale principio biblico dello Spirito che vivifica... contrapposto alla vacuità della carne.     
Il rimprovero che sostanzialmente Lui aveva rivolto in precedenza a Nicodemo, ovvero il fatto che la mera “carne” non può comprendere la Parola di Dio, ora Gesù lo rivolge a quanti Lo stanno ascoltando... tra i quali molti sono evidentemente incapaci di accogliere “con lo spirito” la realtà che Lui ha annunciato.
Invece... proprio “lo spirito” è indispensabile per la comprensione della sua rivelazione la quale... comunque... non si impone, ma si propone alla umana libertà di capire, e di credere.  

Segue: Gv 6,64

P.S. - Percorrendo anche qui la strada della "duplice lettura" già praticata per il brano precedente (Gv 6,53-58), e facendo dunque seguire a quella spirituale anche la lettura sacramentale (vedi “Nota esegetica su Gv 6,53-58” e “La questione eucaristica” in Gv 6,59), le parole che Gesù adesso pronuncia possono essere comprese come un suo richiamo a prendere coscienza che il nutrimento di vita da Lui donato nell'Eucarestia (cfr. Gv 6,53-58) non può essere ricevuto da quei credenti che non comprendono “con lo spirito” la sua realtà, e che conseguentemente non riescono a vivere con pienezza di fede la pratica sacramentale.
Detto in altri termini, le parole di Gesù ricordano ad ogni cristiano, di qualsiasi tempo, la fondamentale relazione che unisce il sacramento dell'Eucarestia, alla fede in Lui.
Per non scivolare in una interpretazione “magica” della pratica sacramentale, è pertanto fondamentale coltivare nella proprio interiorità l'adesione di fede ai contenuti spirituali della missione divina che il Verbo di Dio ha esplicitato con la sua incarnazione... con la sua esistenza terrena... con la sua auto-immolazione sulla croce... e con la sua risalita “dov'era prima” (Gv 6,62).
E' solo in questo modo che può compiersi l'inabitazione* del Cristo nel credente... e del credente nel Cristo nonché, attraverso di Lui, nel Padre.

 Segue: Gv 6,64

* Vedi la voce "Inabitazione" nel glossario.