Gv 15,6

« Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.»

Gesù ammonisce qui i suoi discepoli dicendo loro che chiunque non resterà unito a Lui andrà incontro ad una sorte terribile: “viene gettato via come il tralcio e secca”.
E' questo il destino attirato su di sé da chi si stacca dalla sorgente del nutrimento vitale, e così si procura da solo quell'auto-giudizio di cui Gesù già aveva parlato in precedenza (Cfr. Gv 3,18).
Il fatto che poi il tralcio, dopo essere stato gettato via, venga anche buttato nel fuoco e bruciato, non va qui inteso come se Gesù stesse richiamando le fiamme di quell' “inferno” che, in realtà, è un concetto estraneo a questo Vangelo.
Ben diversamente... nell'immagine del tralcio bruciato nel fuoco va qui ravvisata un'allusione ad un brano di Ezechiele, nel quale il profeta parla del legno della vite dicendo che, se non dà frutto, esso è poi inadatto a qualsiasi altro utilizzo (Ez 15,2-5).
Le parole di Gesù evocano questa immagine, ad indicare visivamente la drammatica condizione di morte interiore nella quale si pongono coloro che non prendono dimora in Lui.
Anche la precedente immagine del tralcio che secca, richiama una celebre pagina di Ezechiele nella quale il profeta aveva parlato delle ossa inaridite per rappresentare simbolicamente il popolo di Israele, ormai spiritualmente morente (Cfr. .Ez 37,11).

Segue: Gv 15,7